Io non sono qui: dietro le quinte di un libro

Puntata 3: Trilogia dell’amore imperdonabile

Un libro. Tre estratti. Il lavoro dietro le parole.

Si dice che un libro sia un buon libro quando un lettore non avverte la presenza dello scrittore. Ma quali sono i trucchi e le difficoltà che uno scrittore deve affrontare per “non esserci”?

Per la nostra serie di blog post che racconta il mistero della scrittura abbiamo scelto non un libro, questa volta, ma tre.

Tratteremo, in questo articolo, del ciclo di romanzi sul personaggio di Elisa Vanelli.

Pubblicati a partire dal 2009, L’amore imperdonabile, Io ti aspetto qui e Portami al lago rappresentano i tre capitoli della trilogia che ha confermato Giuseppe Guin come autore della gente comune, ritrattista degli angoli del Lago di Como, abile nel dipingere caratteri iperrealisti ma anche ottimo inventore di espedienti narrativi che generano tensione e che spingono il lettore verso inevitabili colpi di scena.

Diventati di culto, ancora richiesti nelle librerie, ma fuori catalogo ormai da diversi anni, i libri della Trilogia dell’amore imperdonabile fanno parte del catalogo delle nostre prossime uscite. Le nuove edizioni dei testi prevedono anche delle uscite limitate in cofanetto.

Benvenuti quindi, ancora una volta, a Io non sono qui: dietro le quinte di un libro.

Puntata 3: Trilogia dell’amore imperdonabile

Per l’occasione, abbiamo chiesto a Giuseppe Guin di scegliere un estratto per ogni romanzo della trilogia. Praticamente: un estratto, un libro. Cominciamo quindi dal primo. . .

1 – L’amore imperdonabile, pag. 7

​​La storia che inquietava il paese e teneva la gente incollata ai notiziari della radio aveva un nome e un volto: Elisa Vanelli, venticinque anni, occhi verdi e lunghi capelli neri. Era la ragazza della locanda del Nibbio, una vecchia osteria, sul lago di Como, a due passi dal pontile della Navigazione. Bella, la Lisa, forse addirittura esageratamente bella, per vivere tra quelle poche case di pietra, aggrappate alla montagna che scendeva a strapiombo nel lago.

L’amore imperdonabile arriva nelle libreria dopo già due romanzi di successo. Era il 2009. Si può dire che questa trilogia sia stata di rottura con i tuoi lavori precedenti? Oppure c’è una continuità?

Assoluta continuità. Questa trilogia è nata, come i due precedenti romanzi, dall’incontro e dai racconti delle persone.  Se quel giorno di marzo non avessi incontrato il pescatore Mario e non mi fossi fermato sullo scoglio a guardarlo, lui probabilmente non mi avrebbe mai raccontato la storia di Elisa Vanelli. Se quel vecchio pescatore non avesse scelto di smettere di prendere agoni e non avesse iniziato, davanti a un bicchiere di vino, a raccontarmi il suo segreto, probabilmente questo romanzo non sarebbe mai nato e nessuno avrebbe saputo nulla di quella giovane locandiera.

Si può dire che in questo estratto iniziale ci siano le fondamenta su cui si poggiano tutti e tre i libri. Poche righe per dare l’idea del tono, dell’intreccio, del contesto e del personaggio principale. Prima di scrivere sapevi già di trovarti di fronte a un così lungo lavoro di scrittura?

Quando inizio a scrivere un romanzo non so mai come andrà finire, non ho nemmeno presente la trama completa. Il romanzo nasce da uno spunto, da una emozione, da un fatto, da un racconto, poi prosegue sulla base di quello che succede nei mesi successivi.

Cosa ti ha colpito della giovane locandiera “esageratamente bella per vivere tra quelle poche case di pietra”?

Il coraggio delle sue scelte di vita, ma anche il fatto che la donna che ha ispirato il personaggio di Elisa Vanelli esista per davvero ed è straordinario poterla incontrare nella realtà.

2 – Io ti aspetto qui, pag. 9

«Ho visto Elisa Vanelli. Madonnasanta, ho visto la Lisa!». La Gloria aveva il volto stravolto. E balbettava. E batteva i denti. Tremava e ripeteva, terrorizzata: «Ho visto Elisa Vanelli. Non racconto storie. Quella era davvero l’Elisa!». Un lungo respiro, una giaculatoria farfugliata tra le labbra e poi i miserere si trasformarono in una confessione ancor più dettagliata: «Ho visto Elisa Vanelli entrare nel convento dei frati benedettini, stamattina, proprio stamattina». Un altro sospiro: «Era lei… e sulla porta, ad aspettarla, c’era l’abate Gaudenzio in persona».

Nel secondo volume della trilogia il convento dei frati benedettini diventa uno dei luoghi principali della trama. Perché?

Se non mi fossi fermato, nella penombra della sacrestia, a parlare con la vecchia perpetua del prevosto, probabilmente non avrei mai saputo dell’esistenza di quell’antico monastero di clausura, che un tempo stava nascosto sulla cima della montagna. Senza quella rivelazione, Elisa Vanelli non avrebbe mai incontrato quel giovane frate. Invece nel romanzo è successo e quell’uomo riuscirà a cambiarle e a stravolgerle la vita.

Importante per il personaggio di Elisa Vanelli, sarà l’incontro con il giovane abate Gaudenzio. Raccontaci la genesi di questo personaggio.

Sempre dai racconti delle persone. Nessun personaggio dei romanzi è frutto di fantasia, tutti hanno un corrispettivo nella realtà e spesso è talmente corrispondente alla realtà, che i lettori del posto individuano la persona reale che lo ha ispirato. Delle volte, chi diventa personaggio ne è orgoglioso, delle volte ha reazioni meno positive.

3 – Portami al lago, pag. 43

«La Pliniana!», borbottò il vecchio della cava sbarrando gli occhi come se stesse già vedendo l’Elisa nascosta lì dentro.
«Sì, alla Pliniana i carabinieri non ci andranno di sicuro – riprese – e io conosco un passaggio segreto che dà accesso alla villa. È una porta malandata che sta sul retro, in mezzo alle sterpaglie del bosco. Sì, portiamola lì che nessuno la troverà mai!».
«Ma chi ci abita di questi tempi, alla Pliniana?», domandò.
«Nessuno, adesso nessuno!», sillabò Sebastiano.

Com’è stata la stesura del terzo volume dopo due romanzi che erano stati tanto letti e recensiti molto bene?

Come ogni romanzo il momento più bello è la parte creativa iniziale della stesura. Anche nel caso della trilogia mi è successo quello che spesso mi accade quando scrivo un romanzo. I pensieri sono più veloci della capacità di scrittura e le immagini più rapide della possibilità di tradurle in testo. Io penso di non aver mai provato il blocco dello scrittore, al contrario ho sempre provato la difficoltà nel non riuscire a fare in tempo a scrivere tutto quello che le esperienze e la fantasia mi dettavano. 

Raccontaci del passaggio segreto della Pliniana. Esiste davvero?

Esisteva fino ad una decina di anni fa. C’erano, e io li ho visitati, i cunicoli, le stanze segrete, le botole, le feritoie nei muri, i passaggi sotterranei. Poi la villa è stata ristrutturata ed è diventata un Resort. Tutto quel patrimonio di storia è andato perduto, però la Pliniana è riuscita a mantenere il suo fascino e, soprattutto, tra le sue mura  vivono ancora le leggende e i misteri che l’hanno resa affascinante.

La trilogia dell’amore imperdonabile nasce principalmente dal tuo bisogno di ritrarre la vita vera dei luoghi del lago che tanto frequenti. Ma è anche intrattenimento puro; intrighi, misteri: è una storia d’amore e un giallo. Cos’è per il Guin scrittore, il romanzo allora: una fetta di vita o una fetta di torta?

Io penso che, per il lettore, un romanzo sia soprattutto uno strumento per evadere dal mondo reale. Il romanzo è un modo per fuggire momentaneamente dalla realtà e immergersi in un mondo, in grado di regalare le emozioni e le sensazioni che la vita quotidiana non ci sa più regalare. Nei miei romanzi, spesso non è la trama l’elemento essenziale, ma piuttosto, le atmosfere, le sensazioni, i personaggi, i loro racconti, le luci….  Il valore più importante di un romanzo è la sua capacità di portare via dal reale e fare vivere il lettore in un altro mondo.

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