Io non sono qui: dietro le quinte di un libro

Un libro.

Tre estratti.

Il lavoro dietro le parole.

Si dice che un libro sia un buon libro quando un lettore non avverte la presenza dello scrittore. Ma quali sono i trucchi e le difficoltà che uno scrittore deve affrontare per “non esserci”?

Nella quinta puntata di Io non sono qui, blog dedicato al mistero della scrittura, racconteremo di un noir, ultima pubblicazione di Dominioni Editore.

Com’è profondo il lago, scritto da Maurizio Sangalli, lo abbiamo visto nascere.

Abbiamo vissuto questo libro dal primo timidissimo spunto. Cosa ci ha colpito, inizialmente?

Sicuramente, la possibilità di pubblicare un giallo ambientato a Como che si differenziasse dagli altri. La sfida che ci ha lanciato l’autore, prima che si dedicasse alla stesura del libro, è stata proprio questa: il lago di Como, molto spesso, suscita narrazioni che sfruttano il romanticismo dell’atmosfera o l’eleganza di certi luoghi o i più comodi riferimenti al passato, come la Guerra, il Contrabbando ecc. La direzione che invece voleva seguire Sangalli era di un altro tipo di corrente, che in Italia non è così usuale.

Nel cinema e nella letteratura, in tutto il mondo, si gioca spesso a mescolare il tono dark dell’intrigo crime con la comicità dello stile e dei personaggi, senza tuttavia scadere in parodie del genere. Com’è profondo il lago quindi, ha lasciato gli stilemi del giallo ed è diventato un noir umoristico a tutti gli effetti, perché specchio non consolatorio, divertente e doloroso, di una Como soffocante, grottesca, moderna.

Abbiamo chiesto all’autore di selezionare tre estratti per raccontare il dietro le quinte del suo libro.

Maurizio Sangalli, autore di Com’è profondo il lago.

Estratto #1 (pagina1)

Un conto è dire il caso, pensava. Una cosa succede per caso, guarda caso, putacaso, eccetera, pensava. Ammettiamo che ci siano cose che accadono davvero per fatalità, ma tutto il resto, l’intero sciatto accrocchio del mondo, la serie di cause ed effetti, quella famosa farfalla che batte le ali a Lugano e viene giù il Duomo qui a Como, quello no, non è un caso, lì c’è sempre un responsabile e questa farfalla alla fine la deve pagare.

Così pensava appunto Gianni Molteni scendendo di corsa le scale della questura e uscendo nella stramaledetta pioggerella ottobrina di chi ha lasciato a casa l’ombrello.

Lo aspettava in macchina, ghignando e scuotendo il capo, l’agente Frigerio, intento a leggere con il dito le pagine sportive della“Provincia”.

«È successo qualcosa?» chiese, mentre il commissario saliva in

auto.

«Magari» disse Molteni. «Vai al Tempio Voltiano».

«Posso mettere la sirena?» lo guardò Frigerio piegando il giornale.

Molteni fece segno di no, che non serviva, era già troppo tardi per la flagranza. Ma se gli faceva piacere, magari un po’, giusto lungo viale Innocenzo, per dare l’idea dell’azione.

Commento

L’inizio è il fondamento, denuncia il luogo, il tempo, il proposito, i personaggi fondamentali e lo stile. Qui, mi auguro, sia tutto evidente, c’è un pensiero, c’è un’azione, c’è il dramma e l’umorismo che dovrebbe invitare il lettore a voltar pagina.

L’inizio del romanzo coincide con l’inizio della tua scrittura? Quanto hai lasciato fermentare l’idea del libro prima di iniziare a scrivere?

Ho scritto quasi subito perché, secondo la lezione di Giuseppe Pontiggia, lo scrittore deve trovare l’idea mentre scrive. Certo, uno spunto già l’avevo, ma ho voluto sorprendermi io stesso degli intrecci che venivano formandosi.

Un buon incipit, oltre che catturare l’attenzione del lettore, pone le basi per ciò che si vedrà dopo. Capita addirittura che, negli incipit, ci si possa trovare, velatamente, tutto il senso della storia. Quanto “sapevi” del resto del romanzo che avresti scritto, partendo da qui?

Sapevo che mi sarei attenuto all’assunto della premessa. Non sapevo ancora bene come, ma ero certo che quell’assunto era parte del carattere del protagonista e quindi, dato che carattere e destino secondo i Greci coincidono, mi sono messo a disposizione del destino.

Per chi leggerà il romanzo, si accorgerà che il tuo stile ha una particolarità. La tua scrittura può definirsi scorrevole, i movimenti e gli scambi di battute sono rapidi, come se i personaggi li stessimo guardando, c’è anche molta ironia, ma la prosa è molto complessa. Leggendo, ci si fa ammaliare da un’apparente semplicità, per poi accorgersi di essere stati rapiti da avvolgenti grovigli letterari, fatti di suoni complessi, vortici filosofici. Sei consapevole di questa stratificazione?

Sono consapevole della somma delle cose che mi fai notare, ma che questo poi dia un risultato oggettivamente piacevole, quando accade, resta comunque per me una sorpresa perché un conto è scrivere, un conto è essere compresi da chi legge e ben poco puoi farci se hai già deciso di attenerti a uno stile preciso.

Estratto #2 (pagina 19)

«Tu ti chiamavi come?»

«Mi chiamo. Molteni…»

«A Como si chiamano tutti Molteni».

«Ah, il nome dice? Gianni».

Nel fumo del sospiro di Perego, lesse lo sconcerto del professore nei confronti di due genitori che, chiamandosi proprio Molteni, il cognome più diffuso a Como, avevano scelto per il figlio l’ultimo dei nomi, il cosmico nulla, condannando un bambino a un eterno anonimato. E un tempo, per l’energia che lo animava, il professore questo sconcerto avrebbe certamente avuto la forza di esprimerlo, costruendoci sopra un trattato di filosofia eugenetica, fino a presentarsi a questo benedetto battesimo per gridare “no!” Emanuele, Guglielmo, al limite Federico, ma Gianni no, se di cognome fai Molteni, Gianni proprio no, fermando la mano del prete sul fonte battesimale intimandogli di salvare questo bambino. Ma quella che anni prima era stata una magnifica forza e progressiva ora pareva annebbiata, dissolta, muta; così disse solo «Vado, Molteni, ciao».

Commento

L’ennesimo caso di Nomen omen, un destino racchiuso nel nome del protagonista più anonimo possibile, il signor Nessuno, il commissario Gianni Molteni che, nel corso della vicenda, sarà costretto a uscire dall’anonimato per reclamare la propria vera identità.

Cosa ti affascinava di un racconto con al centro un signor nessuno?

La volontà di far crescere questo protagonista che trova sé stesso davanti agli occhi del lettore.

In questo estratto conosciamo un altro personaggio importante per la vicenda. Chi è il professor Perego e cosa rappresenta per Gianni?

Perego è il vecchio professore di filosofia di Gianni, rappresenta lo specchio deformante delle sue convinzioni con le quali si deve confrontare per potersi convincere ad agire mettendo in dubbio ogni precedente pensiero.

Il professor Perego, sulla quarta di copertina del libro.

ESTRATTO #3 (pagina 29/30)

«Gianni, cosa c’è da ridere?»

«Niente, figurati, ho trovato simpatica la tua descrizione di Bernasconi. L’umorismo è sempre stata una tua qualità».

«Sì sì, me lo dicono tutti» fece lei. «Peccato però che con l’umorismo non si risolvano i casi. Sai quanti ne conosco di simpaticoni? Quelli nella vita non hanno mai combinato niente. Qualcosa di concreto, Gianni…»

Ecco che arrivava, pensò Molteni.

«Per esempio, la strage di Vertemate…»

Eccola là, pensò Gianni, ma allora certo che era stata la sua amante, se no non avrebbe tirato fuori ogni due per tre la strage di Vertemate.

«Perché ce la ricordiamo tutti» aggiunse lei, riconsertando le braccia «la strage di Vertemate. Capolavoro di investigazione! Intanto intuizione, poi applicazione, fatica sempre, perché che fa funzionare le cose è solo la fatica, e alla fine però, non ho bisogno che me lo dica tu: che classe».

Che schifo, pensò Gianni. La strage di Vertemate. La maledetta strage di Vertemate. L’indagine più capziosa e artefatta degli ultimi vent’anni. Aveva ancora davanti a sé l’immagine del delitto, una famiglia sterminata, le scale insanguinate, Rusconi che gridava, che ordinava di portar via i corpi, che inquinava, insieme alla squadra accorsa sul posto, ogni prova per la furia di poter incastrare qualcuno subito. Quel povero custode del cinema accanto, Corradini, in carcere da ben cinque anni per un unico piccolo antico alterco con il capofamiglia e per aver salito maldestramente le scale, per capire se fosse possibile aiutare qualcuno. Poi la confessione estorta dopo tre giorni d’interrogatorio con la sola promessa di lasciargli passare del tempo con la moglie, colto da allucinazioni mentre chiamava Rusconi “papà” e, naturalmente, con tutta la stampa contro, gli osceni articoli di William Noseda, le registrazioni degli interrogatori maldestramente distrutte per un tragico quid pro quo e infine il suicidio in carcere di Corradini, a ulteriore riprova che, certo, noi la vita te la risparmiamo ma tanto poi ci pensa il senso di colpa a ucciderti. Ma davvero, pensò Gianni, che classe!

COMMENTO

Riaffiorano gli incubi nella mente del protagonista, casi irrisolti e distorti, come questa strage di Vertemate, con cui dovrà fare i conti per accettarla, rielaborarla, risolverla.

Molteni incarna la vera essenza  del detective. Pur essendo uomini d’azione, i detective non sono mai veramente proiettati verso il futuro. Investigare su un crimine significa dare una forma a un terribile evento del passato, come un lutto.

Molteni è un detective esistenziale che pone il dubbio davanti a tutto, la vita stessa è per lui un immenso lutto, talvolta meno, talvolta più denso, come nel caso di un evento terribile, ma non meno terribile dello sconcerto di vivere, cui lui fa continuamente fronte dandosi il coraggio di fare ogni giorno un passo in avanti.

Pur essendo un signor nessuno, Gianni ci dice una cosa importante di sé e del contesto in cui vive, in questo estratto: forse è condannato all’anonimato ma non alla mediocrità.

Gianni vive nella dignità del pensiero, ci mette forse molto più tempo a prendere una decisione, ma questo solo perché il progetto umano è sbagliato e il dialogo col progettista continuamente interrotto.

Comunque, in questo passaggio, il riferimento alla strage di Erba è molto chiaro…

Sì, è chiaro ma solo perché a Erba sono nato e ho dovuto fare i conti con il proliferare di inevitabili voci e opinioni a riguardo. Io non mi sono fatto un’idea sulla strage di Erba, ma Molteni, su quella di Vertemate, sì.

Strage di Vertemate, Strage di Erba, il romanzo è ricco di riferimenti all’attualità, ai luoghi, alle vie, alle attività di Como e dintorni, e poi ci sono tanti personaggi, un lungo elenco di nomi comuni che, magicamente, suonano sempre bizzarri. Nella stesura del libro, in cosa ti sei divertito di più, e qual è stata la difficoltà più grande?

Divertito nello stare fisicamente dentro la vicenda, come un regista sul set del proprio film, sia nella gioia che nel dolore, e quest’ultimo è stato la vera difficoltà. Hai voluto la verità? Ora la sconti fino in fondo.

Com’è profondo il lago di Maurizio Sangalli è disponibile online e il libreria.

Il libro

Gianni Molteni, il commissario col cognome più comune a Como, un mattino d’ottobre si ritrova davanti a dei resti umani rinvenuti sulla riva del lago, accanto al Tempio Voltiano. È il nuovo caso atteso da anni nella città dove “non succede mai niente”. Finalmente il disincantato Molteni e il suo agente, l’esuberante Frigerio, tornano in azione: il primo, con la sua mania per l’ordine, votato alla ricerca della verità e della morale assoluta; il secondo, con la sua visione pratica e sbrigativa nei confronti di un mondo senza retropensieri.

Ma l’aspirazione di Molteni, una volta cominciate le indagini, naufraga ben presto alla scoperta di mille altri scheletri chiusi a chiave negli armadi di provincia, rivelando un’umanità assurda, ridicola, angosciata e, soprattutto, insospettata. Allucinato di fronte alle escort del più famoso night club ticinese, turbato dall’alienazione di casalinghe disperate, allibito dallo squilibrio di artisti di frontiera, bombaroli lacustri, doganieri danzanti e, soprattutto, colleghi infidi e malfidati, Molteni, di sorpresa in sorpresa, in un crescendo di comicità e tragedia, avrà la possibilità di fare nuova luce su una strage del passato, e di confrontarsi finalmente con il suo mistero personale, sommerso, da tempo, nelle profondità del suo inconscio.

L’autore

Maurizio Sangalli è scrittore e regista. Formatosi alla scuola Ipotesi Cinema di Ermanno Olmi, ha cominciato come umorista nell’ambito della comicità milanese.  Lavora come autore per Rai, Mediaset, Disney, Amazon. È docente di scrittura creativa presso il Master Internazionale di Sceneggiatura e Produzione dell’Università Cattolica di Milano.

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