Il Cumano. Cronaca della guerra decennale tra Como e Milano 1118-1127
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Descrizione
La Guerra decennale tra Como e Milano
1118-1127
Nel XII secolo tra Como e Milano non correva buon sangue. La prima città era una piccola potenza commerciale, ricca di artigiani e mercanti e posta in una posizione strategica sulle vie per l’Europa; la seconda città cercava di espandere il suo territorio, se necessario con la forza. Como era molto appetibile, ma anche di intralcio perché non voleva annettersi a Milano.
La scusa per aggredire Como venne offerta da un fatto di politica locale: un vescovo eletto dal suo popolo contro un vescovo imposto dall’imperatore. I milanesi però la giudicarono un’offesa grave e cominciò una guerra che, tra scontri brevi e periodi di pace, durò dieci anni.
Il Cumano
I fatti di quella guerra furono descritti da un poeta comasco, il Cumano (forse testimone oculare), che raccolse le sue memorie in un’opera epica in versi che intitolò Liber Cumanus, sive de bello mediolanensium adversus comenses.
Il lavoro dell’autore
In questo libro, Mario Bergamaschi ha cercato di restituire attualità agli avvenimenti di quella lunga guerra, inquadrandoli nel contesto della società di quel tempo, descrivendo con accuratezza i luoghi che furono teatro di combattimenti, le strategie adottate e le tattiche utilizzate nei conflitti navali sul lago.
Il saggio Il Cumano, cronaca della guerra decennale tra Como e Milano è uno dei pochi libri sull’argomento ed è di piacevole lettura. Questa storia, così narrata, assume talvolta caratteristiche epiche e ci apre le porte al mondo bellico di quegli anni, regolato da leggi molto diverse da quelle odierne.
In quei tempi le guerre “… facevasi non di continuo, ma a diverse riprese e per breve tempo, e per lo più da un limitato numero di cittadini armati a vicenda. Gli aiuti poi degli alleati erano assai più scarsi, e consistevano in un qualche centinaio di cavalieri detti militi, o di fanti. Alcune scorrerie e saccheggiamenti, qualche scaramuccia o battaglia non decisiva, l’assedio di un castello o di una torre, o altra simile impresa riuscita o tentata solamente erano lo scopo ed insieme il termine delle operazioni, le quali poi o si ripigliavano in altro tempo dell’anno, o più spesso sospendevano fino al venturo”. G. Rovelli
Quando, falliti gli sforzi diplomatici, veniva presa la decisione di intraprendere una guerra essa era resa nota ai cittadini da pubblici araldi e si mandavano messi all’avversario ad annunciarne la data dell’inizio affinché quelli apprestassero le difese, “… perché nonostante la ferocia che albergava in quegli uomini vile e biasimevole si reputava assaltare l’inimico sprovvisto”. M. Monti