L’è tua, l’è mia, l’è morta a l’umbrìa. 250 modi di dire in dialetto
L’è tua, l’è mia, l’è morta a l’umbrìa. 250 modi dire in Brianza e sul Lario.
Disponibile anche in ebook
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ISBN/EAN: 978-88-87867-23-7
Anno: 2008
Formato: 17x21cm
Nr. pagine: 190
Rilegatura: brossura cucita
Descrizione
L’è tua, l’è mia, l’è morta a l’umbrìa. 250 modi di dire in Brianza e sul Lario.
In questa raccolta di modi di dire in dialetto Emilio Magni propone alle nuove generazioni una ricca sequenza di espressioni del dialetto lariano e brianzolo. Magni ne spiega l’origine, quali sono le occasioni e le situazioni che li accompagnano e quali i luoghi e gli ambienti in cui sono più frequentemente pronunciati.
Penso che, chi più chi meno, un po’ tutti abbiamo il dialetto nel cuore: pure coloro che non sono capaci di parlarlo o addirittura lo disprezzano perché lo credono una cosa volgare, un esprimersi poco educato e non certamente fine. Molti comunque lo amano, soprattutto per la sua immediatezza, per il colore e il calore dei suoi modi di dire che hanno una presa immediata, molte volte assai più efficace delle frasi in italiano.
Purtroppo sono sempre meno coloro che parlano il dialetto e che ricordano i suoi bei vocaboli caratteristici. Ma non basta, come ormai invocano in tanti, dire: “Salviamo il dialetto”.
Non basta nemmeno togliere l’ultima vocale dai nomi dei paesi scritti sui cartelli stradali per cercare di conservare la nostra bella parlata vernacola.Ecco quindi perché, come editore, ho ritenuto importante questo lavoro di Emilio Magni, che propone alle nuove generazioni una lunga sequenza di modi di dire del dialetto lariano e brianzolo, spiegando da dove questi detti (molti dei quali assai comuni) provengano, quali siano le occasioni e le situazioni che li accompagnano e quali i luoghi e gli ambienti in cui sono più frequentemente pronunciati. Altri sono invece quasi completamente scomparsi. In questo libro tutti i modi di dire sono accompagnati da aneddoti, racconti, addirittura ricordi personali.
Tutto questo è un patrimonio che deve assolutamente essere conservato.
L’editore
Un esempio di modi di dire spiegato nel libro
L’è tua, l’è mia, l’è morta a l’umbrìa
È uno dei quei classici modi di dire dialettali che, così a prima vista, non lasciano cogliere immediatamente il significato. Pare infatti che questo “L’è tua, l’è mia, l’è morta a l’umbrìa” voglia dire nulla e che sia un’espressione “messa lì” come una filastrocca che fa la sua bella rima. È un’espressione che indica situazioni estreme di dubbio, di indecisione, di insicurezza; realtà che nel detto sono sottintese: va a finire che “tucca a tè, decid”, oppure “tucca a mé”, va a finire che l’occasione scappa, l’opportunità se ne va senza alcun rimedio. Quindi si può dire che il senso vero di questo detto “l’è mia, l’è tua…“ è proprio “per indecisione ci siamo lasciati scappare una buona occasione”. Ma perché si tira in ballo l’“umbrìa” ovvero l’ombra? E qui la questione si aggroviglia molto e non è facile uscirvi perché varie sono le spiegazioni. C’è chi sostiene che la sottintesa “occasione” muoia “all’umbrìa” solo per una ragione di rima. In passato molti detti venivano usati anche come filastrocche, venivano cantati e quindi si cercava sempre la consonanza. “Umbrìa” potrebbe essere tuttavia presa come “dimenticanza”. Quindi il detto sarebbe inteso così: “Pensaci tu, ci penso io, alla fine la cosa è caduta nell’ombra”. Però l’“umbrìa” in questione potrebbe essere quella che andava a cercare il contadino, d’estate nella canicola di luglio, per quel momento che adesso si chiama “pausa”. Lì, all’“umbrìa d’un murun”, o “d’un sarass”, “ul paisan” mangiava il frugale pasto che la “resgiura” gli aveva amorevolmente portato e poi schiacciava un pisolino. Era quello un momento felice, agognato, gustato.